Un Aiuto che Si Trasforma in Incubo
Tutto è iniziato con un atto di gentilezza. S., dipendente di un ministero, ha aiutato un collega a fare domanda di trasferimento. La riconoscenza? Accuse di furto, persecuzioni via email e telefonate inquietanti. “Perché non mi rispondi?”, “Dove sei?”, “Che stai facendo?” – questi i messaggi che S. ha ricevuto incessantemente. E come ciliegina sulla torta, il collega ha trovato il numero di cellulare di S. su un vecchio CV online e ha iniziato a chiamare ogni sera, lasciando insinuazioni velenose sulla sua vita privata. S. ha chiesto di rimanere anonima, ma ha voluto condividere la sua storia a l’Espresso per evitare che altri subiscano la stessa sorte.
La Solitudine delle Vittime
S., in uno slancio di coraggio, ha raccontato tutto ai suoi colleghi, sperando di prevenire altre vittime. Scoprì così di non essere l’unica a essere perseguitata da quel collega. Altre due colleghe avevano subito molestie ma avevano preferito il silenzio, sperando che il molestatore non andasse oltre. Ma come essere certi che non ci sarebbero stati ulteriori episodi? Nel frattempo, S. ha preso provvedimenti: ha contattato due avvocati e ha segnalato il comportamento molesto al ministero. Il procedimento disciplinare è stato avviato, ma sono passati più di tre mesi senza risultati visibili. S. sospetta che il collega sia stato sospeso, dato che non lo incontra più in ufficio. Tre mesi di angoscia, durante i quali S. ha vissuto in uno stato di continua paura e privazione della libertà. Solo quando il procedimento disciplinare ha colpito il molestatore, S. ha iniziato a sentirsi sollevata.
La Denuncia: Un’Eccezione Rara
Il caso di S. è un’eccezione. La maggior parte delle vittime di molestie sul lavoro rimane in silenzio. Secondo l’Istat, su 2,322 milioni di persone che hanno subito molestie sessuali sul lavoro, l’81,6% sono donne, principalmente giovani. Tuttavia, solo il 2,3% ha contattato le forze dell’ordine, il 2,1% altre istituzioni ufficiali, l’8% si è rivolto a un consulente, il 14,9% al datore di lavoro o a un superiore, e il 16,3% ai colleghi. Questi numeri mostrano chiaramente la mancanza di supporto e punti di riferimento per le vittime. Quasi il 70% degli intervistati dice di non sapere cosa fare in caso di molestie, oltre l’86% sottolinea l’assenza di una persona a cui rivolgersi, e il 93,6% evidenzia la mancanza di corsi di formazione sulle molestie.
La Necessità di Leggi e Formazione
L’Italia ha ratificato la Convenzione n.190 dell’Organizzazione internazionale del Lavoro sull’eliminazione della violenza e delle molestie sul lavoro nel 2021, ma questo non basta. Graziella Silipo, responsabile del dipartimento Salute e Sicurezza sul lavoro della Cgil Piemonte, sottolinea l’urgenza di leggi che diano seguito alla Convenzione. «Serve informare i lavoratori sull’iter da seguire, dire cosa fare e ricordare che in caso di denuncia, è chi ha adottato i comportamenti violenti a dover dimostrare che non lo sono». La formazione è essenziale per prevenire le molestie e deve essere inclusa nei documenti di valutazione dei rischi delle aziende. «I danni sulla salute e la qualità della vita sono tra le conseguenze più evidenti dei comportamenti molesti», conclude Silipo.
In sintesi, questa problematica italiana richiede non solo leggi severe ma anche una cultura di prevenzione e supporto, affinché le vittime non debbano più vivere nella paura e nel silenzio.