“Se fosse confermata, questa sarebbe un’ottima notizia da un punto di vista sia ambientale, sia economico.” È solo una delle tante reazioni positive che si leggono sui social network riguardo all’ipotetico blocco dei giganti cinesi Temu, Shein e Ali Express da parte dell’UE. Ma il vecchio continente è davvero pronto a compiere un passo così drastico?
Gli europei applaudono il blocco delle piattaforme cinesi
Le recenti elezioni europee hanno dato nuovo impulso alle politiche della Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen, la quale non ha mai mostrato eccessiva indulgenza in materia di concorrenza. Tra l’intenzione di eliminare la soglia di esenzione dai dazi e i controlli doganali, l’UE sembra prepararsi a un confronto serrato con le piattaforme di e-commerce cinesi. Ma perché proprio loro e non, ad esempio, Amazon?
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Ursula von der Leyen e la sua crociata contro la concorrenza sleale
Le elezioni europee hanno rafforzato la posizione di Ursula von der Leyen, una leader non nuova alle battaglie contro le pratiche commerciali scorrette. Nel suo recente discorso al Parlamento Europeo, la presidente ha ribadito l’importanza di confrontarsi con le piattaforme globali di e-commerce per proteggere consumatori e imprese attraverso controlli doganali, fiscali e di sicurezza, nonché standard di sostenibilità. Insomma, sembra proprio che l’Europa voglia giocare duro con i colossi dell’e-commerce cinese.
Fine dell’esenzione dai dazi: una mossa strategica
A inizio luglio, il Financial Times aveva già anticipato le intenzioni dell’esecutivo comunitario: eliminare la soglia di 150 euro, al di sotto della quale gli articoli possono essere acquistati senza dazi dai paesi extracomunitari. L’obiettivo? Arginarne l’ondata quotidiana, soprattutto dalla Cina. Nel 2023, sono stati importati 2,3 miliardi di prodotti sotto questa soglia, e le importazioni di e-commerce sono più che raddoppiate nel 2024, superando i 350mila articoli ad aprile. Insomma, dazi in arrivo, come quelli sulle auto elettriche cinesi.
Le reazioni social: un trionfo di ironia e plauso
Mentre la notizia si diffonde, i social network esplodono di commenti entusiastici. “Finalmente qualcuno che pensa all’ambiente!” esclama un utente. “Addio vestiti da pochi euro, benvenuta sostenibilità!” ironizza un altro. Il sentimento generale sembra essere di soddisfazione: meno articoli a basso costo, più rispetto per l’ambiente e maggiore tutela per le imprese locali. Ma è davvero tutto oro quello che luccica?
La posizione di Amazon: un caso a parte
Ma perché questa mossa dell’UE sembra mirare direttamente ai giganti cinesi e non, per esempio, ad Amazon? La risposta è semplice: la Cina gode di costi postali sovvenzionati, che rendono conveniente inviare beni economici per via aerea. Amazon, pur avendo sede negli Stati Uniti, ha anche molti venditori in Europa. Quindi, l’UE deve ponderare attentamente tutti gli interessi in gioco prima di muovere i propri passi.
Una mossa azzardata o lungimirante?
L’ipotetico blocco delle piattaforme cinesi potrebbe rappresentare una svolta significativa per l’e-commerce in Europa. Tra vantaggi ambientali e protezione delle imprese locali, il dibattito è aperto. Tuttavia, resta da vedere se questa decisione sarà accolta con favore da tutti gli attori coinvolti o se scatenerà nuove controversie. Di certo, il vecchio continente non sembra intenzionato a fare sconti, nemmeno ai giganti cinesi dell’e-commerce.
I Prodotti Cinesi Inquinano?
1. Produzione a Basso Costo e Ad Alto Impatto
La Cina è nota per la produzione di massa di beni a basso costo, grazie all’utilizzo di materiali economici e processi produttivi rapidi. Tuttavia, questa economia di scala ha un prezzo ambientale elevato. Le fabbriche cinesi spesso utilizzano materiali non sostenibili e tecniche di produzione che generano elevate quantità di rifiuti e inquinamento atmosferico. Inoltre, il controllo sulle emissioni di sostanze inquinanti è spesso meno rigido rispetto agli standard occidentali, portando a un maggiore rilascio di sostanze chimiche nocive nell’aria e nelle acque.
2. Trasporto a Lunga Distanza
Un altro fattore significativo è il trasporto. La maggior parte dei prodotti cinesi viene esportata in tutto il mondo, richiedendo trasporti su lunga distanza via mare o aria. Le navi cargo e gli aerei sono tra i principali responsabili delle emissioni di CO2 e altri gas serra. Inoltre, l’imballaggio necessario per proteggere i prodotti durante questi lunghi viaggi aumenta ulteriormente l’impatto ambientale.
3. Ciclo di Vita Breve dei Prodotti
Molti prodotti cinesi, in particolare nel settore del fast fashion e dell’elettronica di consumo, sono progettati per avere un ciclo di vita breve. Questa obsolescenza programmata porta a un rapido accumulo di rifiuti. I consumatori tendono a sostituire frequentemente questi prodotti, generando una grande quantità di rifiuti elettronici e tessili che spesso finiscono nelle discariche, contribuendo all’inquinamento del suolo e delle acque.
4. Smaltimento Inadeguato dei Rifiuti
Il sistema di smaltimento dei rifiuti in Cina è spesso inefficiente e non sufficientemente regolamentato. Molti rifiuti industriali e urbani vengono smaltiti in modo inadeguato, causando inquinamento del suolo e delle risorse idriche. Inoltre, la pratica diffusa di esportare i rifiuti elettronici nei paesi in via di sviluppo per il riciclaggio ha portato a ulteriori problemi ambientali e di salute pubblica.
5. Uso di Energia Non Sostenibile
La produzione industriale in Cina è fortemente dipendente dall’energia da carbone, una delle fonti energetiche più inquinanti. Le centrali a carbone sono responsabili di enormi quantità di emissioni di CO2 e di altre sostanze inquinanti come il mercurio e il particolato fine. Questo uso intensivo di energia non sostenibile contribuisce significativamente al cambiamento climatico e all’inquinamento atmosferico.
In sintesi, l’inquinamento associato ai prodotti cinesi è il risultato di una combinazione di fattori legati alla produzione di massa a basso costo, al trasporto internazionale, alla breve durata di vita dei prodotti, a pratiche di smaltimento inadeguate e all’uso di energie non sostenibili. Ridurre l’impatto ambientale dei prodotti cinesi richiederà cambiamenti significativi nelle pratiche industriali, nei regolamenti governativi e nelle abitudini di consumo a livello globale.