Siamo al paradosso. Una serie tv che racconta una storia vera, un fatto di cronaca che ha sconvolto l’Italia, viene bloccata per paura di offendere… chi, esattamente? Il Tribunale di Taranto ha accolto il ricorso del sindaco di Avetrana, sospendendo la messa in onda della serie “Avetrana – Qui non è Hollywood”, prevista su Disney+ il 25 ottobre. Una decisione che lascia basiti, soprattutto considerando che la vicenda, l’omicidio di Sarah Scazzi nel 2010, è già parte della storia pubblica e del dibattito sociale da anni.
Il regista Pippo Mezzapesa: critiche infondate
Il regista Pippo Mezzapesa, autore della serie, non nasconde il suo sconcerto: «Tutte queste critiche preventive mi lasciano perplesso, proprio perché sono preventive. Si è parlato tanto della locandina, del titolo, e dell’opportunità morale di raccontare una storia del genere. Ma nessuno ha ancora visto la serie!». E ha ragione da vendere. Si sta discutendo di ipotesi, di paure infondate, di una presunta diffamazione verso Avetrana che, francamente, ha del ridicolo. Secondo il sindaco Antonio Iazzi, la serie potrebbe dipingere la città come ignorante, retrograda e omertosa. Ma davvero pensiamo che una serie tv possa “danneggiare” l’immagine di un paese che è già tristemente legato a questo delitto?
Raccontare una storia con rispetto
La serie è basata sul libro “Sarah, la ragazza di Avetrana” e, secondo Mezzapesa, l’intento era chiaro fin dall’inizio: raccontare la storia con rispetto e attenzione, senza cadere nel morboso. «Abbiamo cercato di entrare nel profondo della vicenda con grazia, rispettando chi l’ha vissuta», afferma il regista. Eppure, questo non sembra bastare. La verità giudiziaria è già scritta, i fatti sono noti, ma raccontarli attraverso una serie tv sembra improvvisamente un tabù.
La censura nel 2024: un pericoloso precedente
È surreale che nel 2024 si debba ancora discutere se un’opera artistica debba esistere o meno, soprattutto quando parliamo di una storia che appartiene alla cronaca pubblica. Siamo arrivati a temere che un prodotto culturale possa “macchiare” la reputazione di un paese, quando invece potrebbe stimolare una riflessione critica su quella tragedia.
Il ruolo della serialità italiana
Il produttore Matteo Rovere non si tira indietro: «Non è compito di una serie costruire un mondo in cui il male non esiste. La serialità italiana deve affrontare la realtà senza paura». E come dargli torto? In un’epoca in cui il male è ovunque, non possiamo nasconderci dietro un dito e fare finta che non esista.
Gli attori: un’esperienza intensa e formativa
Anche gli attori coinvolti sentono il peso di questa assurda decisione. Vanessa Scalera, che interpreta Cosima Serrano, sottolinea come questa serie le abbia permesso di esplorare territori sconosciuti e complessi. Giulia Perulli, che ha dovuto affrontare una trasformazione fisica radicale per interpretare Sabrina Messeri, parla di un’esperienza emotiva intensa e formativa. È chiaro che tutto il cast ha affrontato la storia con rispetto e serietà, ma a quanto pare, questo non basta per alcuni.
Bloccare una serie su una storia vera: un errore
Bloccare una serie su una storia vera è un precedente pericoloso. Si rischia di mettere a tacere la narrazione dei fatti, la loro interpretazione artistica, in nome di una presunta “difesa” di un luogo o di una comunità. Ma la vera domanda è: chi stiamo realmente proteggendo?