Lo studio Jp Salary Outlook 2024, appena pubblicato dall’Osservatorio JobPricing, mette in luce le disuguaglianze e le sfide del sistema lavorativo italiano. Nonostante alcuni settori registreno un aumento dei salari, l’inflazione continua a erodere gran parte di questi guadagni, rendendo difficile il mantenimento del potere d’acquisto per molti lavoratori.
I dati sconcertanti
Tra il 2015 e il 2023, il costo della vita in Italia è cresciuto del 19,6%, mentre le retribuzioni lorde sono aumentate solo dello 0,5% per i dirigenti d’impresa, del 5,6% per i quadri, del 5,9% per gli impiegati e del 7,1% per gli operai. Attualmente, un dirigente d’impresa guadagna in media poco più di 100.000 euro lordi all’anno, mentre un quadro supera di poco i 56.000 euro. Gli impiegati si fermano appena sopra i 30.000 euro e gli operai raggiungono la soglia dei 26.000 euro annui.
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Questi dati, però, raccontano solo una parte della storia. Le differenze nette tra i salari sono ancora più accentuate: un dirigente d’impresa riceve in media 4.524 euro netti al mese, a fronte di 8.060 euro lordi, mentre un operaio si trova con circa 1.549 euro netti mensili, a fronte di 2.006 euro lordi. Gli impiegati e i quadri si collocano rispettivamente a 1.837 euro e 2.698 euro netti al mese.
Disparità retributive
L’analisi dettagliata di JobPricing evidenzia anche le disparità retributive tra i diversi settori. I servizi finanziari emergono come il settore più remunerativo, con una retribuzione annua lorda media di quasi 46.000 euro, ben al di sopra della media nazionale di 30.838 euro. Settori come le utilities (33.459 euro), l’industria di processo (32.259 euro) e quella manifatturiera (31.475 euro) si posizionano appena sopra la media, mentre servizi generali (29.564 euro), commercio (29.926 euro), edilizia (27.896 euro) e agricoltura (25.198 euro) segnano retribuzioni inferiori.
Guardando ai settori che attraggono particolarmente operai e impiegati, emergono l’oli&gas e l’innovazione tecnologica, inclusi telecomunicazioni, apparecchiature elettroniche e industria aeronautica. Per i dirigenti, invece, le retribuzioni più elevate si trovano nel settore della moda.
La fuga dei talenti
Nonostante questi dati, rimane un problema critico per il mercato del lavoro italiano: la fuga di talenti. Secondo l’ultimo rapporto di Unioncamere, la metà dei laureati italiani è “introvabile“, spingendo molti a cercare opportunità all’estero, dove spesso si offre un migliore rapporto salario-costo della vita.
La situazione è ulteriormente complicata dalla difficoltà delle aziende nel trovare profili qualificati, nonostante offerte di stipendi più alti e altre strategie di attrazione. L’esempio della Comoli Ferrari, gruppo leader nello sviluppo di soluzioni per l’impiantistica elettrica e idrotermosanitaria, è emblematico: nonostante un fatturato annuo di 660 milioni di euro e 1.110 dipendenti, l’azienda ha difficoltà a coprire posizioni aperte da due anni, inclusi tecnici, venditori e contabili.
Riluttanza alla mobilità, colpa dello Smart working?
Paolo Ferrari, CEO di Comoli Ferrari, collega questa problematica ai cambiamenti radicali avvenuti nel mondo del lavoro negli ultimi anni: “Fino a poco tempo fa, il processo di assunzione era fluido e naturale. Oggi, con la diffusione dello smart working, le persone sono riluttanti a muoversi. Novara, nonostante sia facilmente raggiungibile da Milano, non offre un bacino di talenti equiparabile. Questa realtà rende difficile per aziende come la nostra competere nell’attrazione di potenziali talenti“.
Il futuro del mercato del lavoro italiano rimane incerto, con la necessità urgente di riforme e politiche che possano promuovere la crescita economica sostenibile e ridurre le disuguaglianze salariali e di opportunità.