Abbiamo parlato con il dottor Paolo Borgato, promotore finanziario, che ci ha dato un suo personale parere sulla situazione Coronavirus nel Mondo anche da un punto di vista economico-finanziario. Come ne usciremo e cosa sta succedendo alle borse adesso. È sicuramente presto per capire, ma delle ipotesi possono essere fatte.
Come stanno reagendo i mercati in questa emergenza? Io posso dire di aver passato due crisi e mezza diciamo. E mezza perché poi c’è quella del 2011 che la inserisco in un contesto di mezza crisi. E dico che non stanno reagendo bene.
Possiamo parlare di overreaction dei mercati? Per il momento nessuno lo sa, sicuramente è esagerata, considerando quello a cui siamo abituati, per me. Però bisogna vedere i dati macro. Bisogna vedere i danni che porterà all’economia reale. Noi operatori tecnici, o almeno io, ci aspettavamo questa crisi. Dopo 11 anni di mercato galoppante, ce la si aspettava.
Quali potrebbero essere degli interventi da attuare e da chi dovrebbero arrivare? Adesso bisogna vedere i decreti attuativi. Stanno arrivando dalla Banca Centrale Europea. Devono arrivare dei fondi dalle istituzioni, dai fondi sovrani, secondo me. Anche perché, vedendo le ultime crisi che ci sono state, le banche centrali sono sempre intervenute. È un capitalismo a metà, questo perché c’è sempre la componente dello stato, prima no. Prima delle crisi precedenti lo stato non interveniva mai. Adesso con la storia del quantitative easing intervengono e alla grande.
Il che è un bene? È un bene, sì, però parliamo sempre di un capitalismo a metà. Per essere un purista, lo stato non dovrebbe metter mano nel contesto finanziario. Però a quanto pare è molto ben apprezzato, devo dire come nelle ultime 3 crisi, perché è sempre intervenuto nelle crisi più importanti. Siamo sempre andati avanti a frenare la crisi incipiente con il quantitative easing, che ci ha tirato fuori dai guai a noi, sempre sull’onda lunga della crisi dei subprime.
È visibile che ci sia anche speculazione al momento? Sì, infatti le banche e le istituzioni hanno vietato le vendite allo scoperto, non totali, ma su gran parte degli asset. Chiaramente si innesta la speculazione che sfrutta la paura, sfrutta la volatilità. Lo fanno tramite i derivati. Adesso potrebbe aumentare l’instabilità. Anche qui, sono interventi non di libero mercato, ma tutto guidato dalle istituzioni.
In un mondo ideale sarebbe lo stesso libero mercato a regolarsi? Adesso il capitalismo deve essere un po’ più regolamentato, altrimenti i fallimenti e le situazioni di default sarebbero troppo onerose. Anche da un punto di vista del diritto del lavoro. Per tutte le aziende che falliscono, ci sono cause di licenziamento poi. Il problema – aggiunge – è che se domani escono dati sul coronavirus riguardanti non più le migliaia di persone ma le centinaia di migliaia, allora tutto è da vedere, tutto ciò che ho detto cambia. Considero totalmente prematuro capire che fine faremo. Non tutti hanno pubblicato dati su contagi esatti. Parlando in termini massimalisti, se andassimo in recessione, i nostri titoli di stato non avrebbero più nessuna appetibilità, e andremmo incontro al default.
È ancora presto capire se avrà maggior effetto della crisi del 2008? Sono due cose diverse, una totalmente strutturale di tipo finanziario, l’altra totalmente una crisi di volatilità cioè un panico generalizzato che ha portato alla vendita pesante, fuori controllo. Due cose diverse ma che fanno comunque parte del mercato della crisi. Se dovessi esprimere un giudizio, molto meglio questa. Perché tutto sommato abbiamo la possibilità di fare diventare 0 la crisi che è passata. Chiaramente con l’intervento delle Banche centrali potrebbe non avere ripercussioni serie. Mentre quella dei subprime ci ha portato dei problemi per altri quattro anni, soprattutto sull’economia reale. Poi chiaramente parliamo senza notizie piene.